La stagione Motogp 2013 per la Ducati è una sorta di alba nuova. Dopo dieci anni esatti dal debutto assoluto nella massima serie a Borgo Panigale si riparte da zero, come le vittorie e le soddisfazioni ottenute nelle due ultime stagioni. Tante le speranze disattese dopo aver speso fior di milioni di euro tra ingaggio ex prima guida e forniture di carbonio ed alluminio. Un day after che farebbe tremare i polsi anche al più scafato dei manager. Come si è arrivati a tanto è inutile rivangarlo. Scelte sbagliate tra pilota che non andava licenziato, pilota che non andava assunto ed accanimento terapeutico da parte di alcune figure tecniche sono il mix che ha creato la disfatta.
Di recente c’è stata nel glorioso marchio italiano, un’iniezione di nuove energie finanziarie ed umane grazie all’avvento dell’Audi. I quattro cerchi tedeschi, infatti, hanno deciso di applicare le proprie conoscenze tecnologiche alle due ruote. Hayden è stato confermato come pilota ufficiale, e ad affiancarlo nel team ci sarà il nostro connazionale Andrea Dovizioso. Nicky ha conquistato il cuore dei ducatisti per lo spirito di abnegazione ed attaccamento alla “tuta” mostrati.
L’italiano dal numero 4 è secondo me quello che serve in questi casi. Rider sensibile, dalla buona classe e dalla gran professionalità, Andrea ha le giuste qualità con le quali plasmare lo sviluppo e la crescita della nuova desmosedici. Qualcuno lamenterà meno clamore ed esposizione mediatica. Meno male, perché una certa disinformazione legata ad un marchio che rappresenta l’Italia nel globo, è preferibile perderla. Le barbe sparlanti ed i giullari questuanti in cerca di notorietà dovendo cambiare box di riferimento si troveranno, forse, più a loro agio. Lo spettacolo offerto dai soliti nani, chiattoni e ballerine è stato pessimo. Sono convinto che la serietà e l’impegno del Dovi faranno parlare della Ducati in Motogp in maniera positiva. Ci sarà, poi, la squadra satellite con alfieri Ben Spies e Andrea Iannone. Quest’ultimo, confesso, non lo reputo all’altezza del ruolo. L’abruzzese avrà due anni per smentirmi. Nutro grande fiducia in Texas Terror. Certe cose accadute nel 2012 per me contano fino ad un certo punto, poichè hanno una sola ragion d’essere: il cambio di casacca obbligato per favorire altri. Spies per grinta, classe e coraggio non è secondo a nessuno; se sentirà fiducia nei suoi mezzi, saranno uccelli per diabetici per molti. A dire il vero la Ducati non riparte proprio da zero. Gli ultimi ventiquattro mesi, certo, sono stati disastrosi sia dal punto di vista sportivo sia da quello mediatico. L’opera di disinformazione messa in atto da un certo star system, ha inculcato l’idea che la Desmosedici fosse un cancello e gli uomini di Borgo Panigale degli incompetenti. Strano, fino ad un certo punto, non leggere articoli su riviste italiane o ascoltare interviste nella lingua di Pascoli dove si afferma che se qualcuno ha fallito laddove Stoner è riuscito, se la Ducati non ha vinto nonostante le cure di chi era etichettato come il dottore, è perché entrambi, pilota e casa hanno toppato. Le colpe sono di entrambi, invece…..questo però è un incubo vecchio. In realtà, dicevo, la Ducati non ricomincia da zero. Parte dal genio, dalla passione, dalle motivazioni e dall’estro che caratterizza un gruppo composto da tanti piccoli Golia.
La favola ducatista sarà di nuovo ambientata nelle gare della Motogp. Quando leggerete gli articoli o ascolterete le interviste dei soliti noti, non dimenticate, da dove è stata costretta a ripartire la Ducati. Risollevarsi dalle ceneri e vincere è arduo, difficoltoso, quasi impossibile. Riuscirci è da leggenda, proprio come la storia di una piccola casa bolognese…..
ALFREDO DI COSTANZO