E’ di queste ore l’addio alle corse come pilota di Max
Biaggi. Un appendere il casco al chiodo che priva l’Italia di un cavaliere che
in quattro lustri le ha regalato onore, gloria e successi in tutto il mondo.
Un’azione che, per quanto mi riguarda, ha creato un grosso vuoto. Questo perché
sin dai suoi primi passi, ho seguito le gesta agonistiche del romano. Di lui mi
ha stregato lo stile di guida pulito, chirurgico, che rasenta, a mio parere, la
perfezione.
Nell’agosto del 1994, quando Max salì per la prima volta sul
gradino più alto del podio di quella che sarebbe diventata poi la pista a sua
immagine e somiglianza, il tracciato di Brno, nel vederlo festeggiare, mi venne
in mente l’affresco della “Creazione di Adamo”. In quel momento una scintilla
diede vita all’alba di un nuovo mondo, di una nuova era, quella corsara.
L’artista Max Biaggi nei suoi lunghi anni di carriera ha
pennellato tra una curva e l’altra tanti capolavori, ognuno dei quali è esposto
al Museo Universale del Motociclismo.
Ricordi Max i primi tre titoli della classe 250 conquistati
in sella all’Aprilia? All’epoca la quarto di litro era una classe
combattutissima, con gare tirate fino all’ultimo passaggio. Riuscisti
nell’impresa di regalare alla casa di Noale quel titolo tanto sognato, ma mai
agguantato.
A qualche tuo ex collega questo, forse, andò di traverso, e
si è ascoltato quando, passato dietro la scrivania, ha iniziato a commentare le
tue gare. Questa, però, è un’altra storia.
Come spesso capita tra i grandi amori, un’incomprensione ti
allontanò dalla casa italiana.
Ti accolse la Honda, vogliosa di risalire la china proprio
con l’uomo che aveva battuto i suoi alfieri.
Riuscisti a spuntarla su Ralf Waldmann solo in occasione
dell’ultima prova, per due sole lunghezze….Ti ricorda qualcosa questo modo di
diventare campione del mondo?
Nel 1998 il passaggio alla classe 500. All’epoca era il
regno di tal Mick Doohan, rider della Honda-Repsol. Tu cavalcavi una Nsr
“privata”. All’esordio, sul circuito di Suzuka, cosa combinasti? Mettesti le
mani sulla pole position, il giro veloce e tagliasti per primo il traguardo.
Un tris storico, che solo a Jarno Saarinen riuscì prima.
Diventasti l’incubo del pilota ufficiale e ti giocasti il titolo fino
all’episodio che reputo non solo una pagina brutta della tua carriera, ma anche
della storia del motociclismo. Mi riferisco alla bandiera gialla di Barcellona.
Fu detto che non potevi non aver visto la bandiera
sventolata dopo l’incidente accorso tra Alex Criville e Jean Bayle….Eri in
curva a battagliare con Alex Barros per la vittoria e….lo passasti nella zona
dell’incidente, ma il brasiliano subito ti sorpassò. Ti chiesero di scontare
una penalità nel box, ma te, vista l’ingiustizia, dato il tuo carattere che non
si piega di fronte a queste, tirasti dritto e beccasti la bandiera nera. Magra
consolazione vedere che dopo il regolamento è stato cambiato…Dico che
quell’anno davi molto fastidio ad uno sponsor.
Un privato che non solo vince delle gare, ma anche il titolo
per qualche borsa colorata porta soldi era “inaceptable”…Così passasti alla
Yamaha. Gli inizi non furono memorabili, anzi….La moto era palesemente
inferiore alla concorrente di Tokio. Nel 2000 non vincesti il titolo piloti, ma
il tuo contributo fu fondamentale per permettere alla casa d’Iwata di far suo
quello costruttori.
Nel 2001 la sfida contro il tuo grande rivale, Valentino
Rossi, infiammò il cuore degli appassionati. Arrivasti alla vigilia del tuo
gran premio di seconda casa a soli dieci punti da Rossi, con il vento in poppa.
In gara eri in testa e……Vabbè, sei come le belle rose; per goderne la bellezza,
qualche spina fa parte del gioco.
Inizia l’era della Motogp. La Honda si presenta ai nastri di
partenza con la Rc 211 V, avveniristica cinque cilindri, dotata del meglio che
girava intorno ai quattro tempi.
La Yamaha ti regala un telaio derivato da quello della 2
tempi che guidavi l’anno prima, mette sotto un motore alimentato a carburatori
e con cilindrata non piena….Nonostante ciò chiudi il campionato con due
vittorie e secondo assoluto. Che fa la Yamaha a stagione conclusa?
Ti fa passare alla Honda. Con un team privato chiudi per due
anni terzo in classifica generale, non male.
Nel 2005 finalmente il passaggio al team ufficiale. Ti
infortuni in inverno, tanto per non farti mancare nulla….Le attese sono enormi,
però….Quell’anno inspiegabilmente sembri un puledro azzoppato. Ho una mia idea
in merito, ossia quella della valigia porta soldi…..vedendo cosa ha vinto poi
il preferito dalla valigia, direi che alcuni hanno avuto la lungimiranza di
Tafazzi.
A proposito d’altre cose….Che dire di quell’intervista che a
fine stagione il trio delle meraviglie composto da Topo Gigio Tv, Paul Lardball
e Nick Barbettasparlante ti fecero? Nonostante l’ironia offensiva dei “tre
tre”, mantenesti la calma, senza cadere nelle loro provocazioni.
Il 2006 è per te l’anno sabbatico. Lo è stato non perché non
c’era una squadra privata Honda o la Kawasaki che ti volessero. Diventasti
sabbatico perché eri, secondo me, scomodo per qualcuno.
Per intenderci lo stesso qualcuno che ha ridotto a
soporifera e gossippara rappresentazione quello che era un avvincente
spettacolo motociclistico.
Nel 2007 scopri il mondo delle derivate di serie. La Sbk
diventa così il tuo elisir di lunga vita. All’esordio sulla pista di Losail
realizzi un altro capolavoro, vincendo la prima manche. Quell’anno ottieni tre
vittorie e ti classifichi terzo.
L’anno dopo il passaggio alla Ducati in un team privato, in
vista di quello ufficiale che….non arriva.
Nel 2009 ritorni ad amoreggiare con la prima fiamma,
l’Aprilia. Il primo amore non si scorda mai.
Hai preso per mano un progetto nuovo, lo hai sviluppato e lo
hai portato per due volte sul tetto del mondo. Il titolo di quest’anno è motivo
di vanto per l’industria nostrana e per il movimento motociclistico tricolore.
La tua tenacia, la tua grinta, la tua classe ed i tuoi
sacrifici, insieme agli sforzi del team, sono stati un mix micidiale che ha
sconfitto chi godeva di maggiori risorse e mezzi.
Uno dei capitoli più avvincenti ed interessanti della saga
“Il genio italiano che trionfa”.
Non avrei mai pensato che il 9 settembre al Nurburgring
sarebbe stata la tua ultima vittoria.
Così come il 7 ottobre dopo la seconda tribolata e densa di
pathos manche di Magny Cours, non avrei pensato che saresti stato in grado di
unire in un pianto di gioia un padre ed un figlio.
Ed eccoci a queste ore…Lasci la carriera agonistica da vero
numero uno.
Ricordo come se fossi ieri la telefonata che mercoledì 10
maggio del 2006 Alessandra Gargiulo (all’epoca mio caporedattore al quotidiano
Il Roma) mi fece alle prime ore del mattino:
“Alfredo indovina un po’ chi tiene tra due ore una
conferenza stampa nella sala comunale con il Sindaco?….Max Biaggi!!”. Incredulo
volai subito a Palazzo San Giacomo e quando ebbi modo di vederti, fui molto
felice perché realizzai il sogno di intervistare il mio beniamino.
Alcuni dicevano che eri antipatico….Forse perchè tenevano
per altri e non avevano in te una gallina dalle uova d’oro sulla quale fare
affidamento.
Negli anni ho conosciuto un uomo simpatico, dalla grande
umanità. Quando non ci sono stati certi filtri a deformare la realtà, è emerso
il tuo vero lato.
Mi hanno rimproverato che non potevo scrivere della Motogp
perché tuo ammiratore; idem per la Sbk. Chi me lo ha detto sono i portavoce dei
tuoi avversari di prima e dopo….loro sì dei gigli immacolati, super partes.
Ho visto e letto in questi anni un astio ingiustificabile
nei tuoi confronti da parte di molti miei colleghi. Spero che questo non sia
dipeso dal tuo essere romano, fuori da certi schemi e giochetti. Lasciamo
stare, è acqua passata….Anche loro hanno avuto modo di osservare i tuoi
trionfi.
Vedi caro Max, ti ho ammirato come si ammirano le stelle di
notte con gli occhi di un sognatore.
Ti ho voluto bene come si vuol bene al proprio miglior
amico, accettandone pregi e difetti.
Ti ho amato come si ama un fratello, a prescindere. Non c’è
stata curva che ho affrontato sulle strade di tutti i giorni che non ho cercato
di interpretare come solo tu riesci.
Nelle curve della mia vita ho imparato molto da te; certo si
cade, ma bisogna trovare in se stessi la forza per rialzarsi e rimettersi in
sella. Solo così si avrà modo di tornare a correre veloce e ricevere dal
destino quello che si merita. Ecco il destino….quello che negli ultimi anni ti
ha semplicemente offerto quello che meritavi. Grazie Max!
ALFREDO DI COSTANZO